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INCENDIO DI UNO SFASCIO. (Ovvero ciò che respiriamo a Roma).

4 febbraio 2010

Le immagini qui riportate narrano di un incendio avvenuto difronte le mie finestre. E’ agghiacciante pensre che di questi eventi a Roma ne accadono parecchi, nella mia zona almeno tre o quattro l’anno, ciò che mi domando è: cosa ci sarà dentro quella nuvola immensa e terribile?
Quanti anni di vita in meno camperò, grazie a questi luoghi, da dove scaturiscno incendi, dove non c’è nessun genere di controllo, dove la realtà ovunque ti giri è monnezza o liquami o veleni??
Non è bello tornare di sera e vedere una strana nebbia e sentire uno strano odore che avviluppandoti ti penetra nel naso e ti intossica.
Insomma questo è una parte di ciò che riempie la nostra atmosfera, l’aria che respiriamo. Oltre la speranza bisogna trovare anche soluzioni per risolvere un’indecoroso, osceno, velenoso e letale problema.

MiNiMaL tRiP iN rOmE

20 gennaio 2010

Roma aperta, Roma capoccia, Roma ladrona, Roma meretrice, Roma caput mundi, Roma eterna, Roma capitale…. in quanti modi l’abbiamo e continuiamo a chiamarla.
Un contenitore di cose e di esseri, sempre aperta a tutti, non rifiuta e non imprigiona, accetta tutto e tutti.

Dagli antichi etruschi e poi i romani e i bizantini, i papalini e oggi noi presenti, l’abbiamo usata e la usiamo senza vergogna.
Strati di storia hanno alzato il livello delle strade di vari metri, camminiamo su “li cocci” dell’antica Roma che ancora ci affascina con scorci improbabili per altre città.
A tutti piace, turisti da tutto il mondo vogliono vederla, fotografarla, filmarla, graffiarla, leccarla fino a consumarla.
Il romano o meglio l’abitante romano, ormai multi etnico, è inglobato in questo sistema URBE/ANO, dove tutto si svolge con ritmi schizofrenici, il ritmo africano, quello arabo, il cinese, lo slavo, lo zingaro e… il nostro, quello dei romani de Roma.
Tutto è ammesso e concesso, anche la rabbia per chi si sente fesso.
Eppure dovremmo essere abituati ai flussi e riflussi, da quando è nata la nostra città ha accolto tutti, di tutte le specie e le ha viste scontrarsi, ferirsi, combattersi, ammazzarsi.
Oggi fiumi di asfalto trasportano nella corrente data dalla direzione del traffico, segmenti di metallo con ruote di gomma che affannosamente si accalcano in sterminate file di stoltezza, tutto per comodità, visto che l’automobile è comoda.
Tanto l’aria si satura di particolato, polveri fini, anidride carbonica e polvere che crea palta, lo stato di decadenza delle cose che in alcuni luoghi le rende imprecise, mischiate ad altre, crea conglomerati di materia inerte.
I gabbiani dall’alto ridono forse di noi, mentre grati scorazzano nelle discariche, intorno alla Capitale.
Dai finestrini dei mezzi pubblici, sfilano davanti gli occhi gli antichi muri e quelli più recenti, alcuni come tavolozza di pittore, ricchi di colore di segni e messaggi che qualcuno ha scritto ed altri cancellato o strappato.
Intanto il tempo scorre per noi uomini mortali, scandisce il ritmo anche di Roma che evolve e si trasforma sempre più allargando i suoi confini.
Così con occhi onirici m’incanto nel mirare ciò che l’attraversa e penso all’universo vivente e pulsante.